Arnaldo Colleselli, politico ed amministratore esemplare
Arnaldo Colleselli nasce a Colle Santa Lucia, il 2 settembre 1918 quando il paesino dell’alto Agordino era ancora dominato dall’Impero Asburgico.
Ultimo di nove figli, Colleselli frequenta il Ginnasio a Bressanone e compie gli studi liceali a Bolzano, per iscriversi poi all’Università Cattolica di Milano, dove si laurea in lettere, con il massimo dei voti, nel 1940.
A Bassano del Grappa adempie agli obblighi militari, conseguendo la nomina a sottotenente degli Alpini, il cappello con la pena nera rimase per Colleselli motivo di vanto ed orgoglio per il resto della sua vita.
Durante il secondo conflitto mondiale Colleselli combatte sul fronte occidentale e una volta finita la guerra assume la cattedra di italiano e latino al liceo classico di Belluno.
Memore delle parole di padre Gemelli che invitava i neodottori a prepararsi alle grosse novità che avrebbero dovuto affrontare, Colleselli sceglie di entrare nella Resistenza, attivandosi per la costituzione nell’Agordino della brigata “Val Cordevole” e collaborando con gli esponenti cattolici bellunesi che cercavano agganci nel resto del Veneto.
Arrestato dai tedeschi nel dicembre del 1944, Colleselli fu portato prima a Bolzano per essere poi trasferito in un lager con altri prigionieri politici, quando un bombordamento alleato distrusse il convoglio destinato al trasferimento e danneggiò irreparabilmente la linea ferroviaria. Fortunatamente la guerra finì da li a poco e Colleselli torna alla vita civile, assumendo per incarico del CNL provinciale, la funzione di Capo Gabinetto presso la Prefettura e di coordinatore dell’attività assistenziale dell’URNA.
Riprende anche l’insegnamento al liceo, con la serenità di chi sa di aver compiuto il proprio dovere, spinto non dall’accanimento ideologico, ma unicamente dal vivo amore per la libertà e da un profondo senso di giustizia.
Sebbene Colleselli avesse conosciuto da vicino la mentalità asburgica, permeata nelle popolazioni dell’Alto Adige, i suoi sentimenti di italianità e la sua devozione alla Patria, erano fuori discussione. Lo dimostra quando, terminato il conflitto, in alcuni comuni tra cui Cortina e Colle S. Lucia si insinua un tentativo secessionista e lui stesso si schiera contro una volontà che non mirava a prospettive di autonomia e autogoverno, ma che si alimentava esclusivamente di spirito anti-italiano inconcepibile e intollerabile. La Patria Italiana e l’unità del suo territorio rappresentano per Arnaldo Colleselli certezze inoppugnabili.
La partecipazione alla vita politica lo vede militare nelle file della Democrazia Cristiana, ricoprendo posizioni di rilievo fin dagli inizi.
Si schiera da subito dalla parte dei lavoratori, preferendo al sindacato un’Associazione Cristiana dei Lavoratori Italiani, ritenendo la lotta di classe non compatibile con la dottrina sociale della Chiesa, mentre nelle ACLI erano possibili anche le più avanzate rivendicazioni perché venivano opportunamente accompagnate dall’indicazione dei doveri sacrosanti nei confronti di terzi e della società.
Con lo stesso spirito e tenendo sempre a mente il “solidarismo” di De Gasperi, assume successivamente la presidenza della Coltivatori Diretti, ove lo stampo sindacale era sicuramente maggiore, ma la cui ispirazione ideale rimane la dottrina sociale della Chiesa, l’adesione alla quale gli consentiva di operare per soluzioni moderate e di equilibrio tra le varie istanze ed esigenze.
La vocazione sociale di Colleselli si conferma quando a seguito delle elezioni amministrative del 1951 viene nominato assessore provinciale e assume il referato ai servizi sociali, sviluppando soprattutto il settore maternità ed infanzia. A metà degli anni Cinquanta, spronato da amici e personalità pubbliche, accetta la presidenza dell’ospedale civile di Belluno, Colleselli riuscì a ridare efficienza e funzionalità al nosocomio e avviare la realizzazione della nuova sede, riuscendo ad ottenere l’intervento finanziario del Comune e del Consorzio del Bacino Imbrifero Montano. Ebbe la soddisfazione di vedere inaugurato il blocco medico del nuovo complesso prima di dover lasciarne la presidenza perché chiamato a far parte del Governo Nazionale quale Sottosegretario all’Agricoltura e foreste.
Viene eletto deputato nel 1958, consapevole di rappresentare una terra emblematica nel panorama della montagna italiana, animato perciò dal proposito di battersi per riscattarla da un’inaccettabile condizione di arretratezza e sottosviluppo, dalla quale derivava il dramma dell’emigrazione.
Mai tralasciò occasione per richiamare l’attenzione sulla necessità di dedicare alla montagna italiana una legislazione speciale. Leggi che ne considerassero la peculiarità e quindi le diverse esigenze rispetto alle zone di pianura, affinché le popolazioni di montagna potessero trovare nelle terre natali possibilità di vita dignitosa; in quest’ottica il deputato bellunese si batte per l’attuazione di norme atte a regolamentare la difesa del suolo e a contenere l’espansione delle attività di sfruttamento idroelettrico delle acque.
La mattina del 10 ottobre 1963 si assume l’amaro compito di dare notizia del disastro del Vajont all’Assemblea della Camera dei Deputati, dedicandosi immediatamente all’attività legislativa per l’elaborazione delle norme necessarie a consentire la ricostruzione e la riattivazione della zona disastrata.
Passato al Senato, continuò pervicacemente nella sua azione a favore della montagna battendosi per integrare la legge 1102/71 ma che non risolveva ancora i problemi di fondo, che egli riteneva affrontabili solo con un Testo Unico di norme per i territori montani. Era convinto che con disposizioni specifiche e precise la montagna italiana avrebbe potuto raggiungere uno sviluppo sufficiente ad evitare lo spopolamento e a garantire la presenza dell’uomo a tutela dell’ambiente e a difesa del territorio, perseguendo tale obbiettivo anche quando viene eletto al Parlamento Europeo, approdo naturale per un bellunese che da tempo si sentiva cittadino europeo, convinto sosenitore della solidarietà senza confini tra i rispettivi popoli.
Lavorando sempre intorno ai problemi montani arrivò a far approvare nel 1983 la risoluzione che porta il suo nome, dalla quale derivò una serie di provvedimenti finalizzati al rilancio dell’agricoltura e attività connesse nella zona dolomitica del Veneto, provvedimenti poi condensati nel Regolamento comunitario 1401 del 1986.
Arnaldo Colleselli non dimentica naturalmente Belluno, città d’adozione che sentiva sua ed alla cui vita comunitaria partecipò attivamente. Capo della maggioranza, in consiglio comunale cercò sempre di evitare gli scontri e le contrapposizioni, smorzando le polemiche sempre con il massimo rispetto per tutti i punti di vista. Rimase fedele anche al paese natale, Colle Santa Lucia, dove amava rifugiarsi circondato dal calore della sua numerosa e splendida famiglia, a contemplare il cielo azzurro e le montagne che tanto amava e dove volle chiudere la sua attività pubblica da Sindaco. Colleselli è riuscito ad interpretare la politica per quello che deve essere, cioè servizio alla società.
Cattolico senza incertezze, muore il 27 dicembre 1988. Vivissimo il suo senso dello Stato ed il rispetto per le pubbliche istituzioni all’interno delle quali operò con scrupolo e correttezza estremi. Uomo di mediazione, perseguì tenacemente l’accordo con le altre forze politiche attraverso il confronto serio che giudicava comunque positivo, poiché se non altro, delineava con chiarezza le diverse posizioni. Tuttavia la sua volontà di collaborazione, pur forte, non gli consentì mai di scendere a compromessi che contrastassero con i valori di riferimento. In nessuna occasione trascurò il contatto con le singole persone per meglio capire i vari problemi, poterne valutare la portata e studiarne le possibili soluzioni alle quali si dedica partendo da ragioni ideali ma alla luce dei limiti posti dalla realtà concreta. Si adoperò per rispondere alle esigenze della sua gente al fine di facilitarne il cammino verso il progresso che considerava necessario e di cui accetta i cambiamenti anche se non sempre apprezzabili e talvolta avventati.
Colleselli amava ricordare che una società che volesse trascurare la propria storia e rinnegare le proprie radici sarebbe irrimediabilmente perduta. In ogni azione, in ogni atto delle sue responsabilità Arnaldo Colleselli usa la virtù della prudenza, rivolgendo costanti inviti a colleghi ed amici, che avevano responsabilità pubbliche, a non formulare valutazioni senza precisa cognizione dei fatti, dato il rischio che da apprezzamenti non meditati potessero derivare conseguenze negative per i singoli e per la comunità. Amabile e cortese con tutti era incapace di sentimenti non in sintonia con la carità cristiana. Ma il suo connotato preminente era la serenità che conservava in qualsiasi circostanza, anche parlando delle sue difficoltà di salute; a chi gli consigliava cure e rimedi rispondeva sorridendo di considerarsi a disposizione della Divina Provvidenza alla quale si affidava totalmente.
Arnaldo Colleselli ha dato un contributo notevole allo sviluppo e alla crescita della provincia ed è stato un rappresentante prezioso per le popolazioni bellunesi che non ne dimenticheranno l’opera svolta e soprattutto lo ricorderanno come amministratore e politico esemplare.
L’ATTIVITA’ PARLAMENTARE DI COLLESELLI
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